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Ranaudo (UniNa): «Spesa farmaceutica? Sugli innovativi si devono fare delle scelte»

Carlo Ranaudo, docente presso la facoltà di Farmacia dell’università Federico II di Napoli, commenta i dati Rapporto Osmed 2017 pubblicato dall’Aifa.

«Sono anni che i dati sono ormai consolidati. Gli ultimi usciti avvalorano un trend noto». Carlo Ranaudo, docente presso la facoltà di Farmacia dell’università Federico II di Napoli, commenta così i dati del Rapporto Osmed 2017, secondo il quale la spesa farmaceutica totale ha raggiunto i 29,8 miliardi di euro. E che a fronte di una crescita dell’ospedaliera e degli Otc, presenta un nuovo calo di della territoriale. Quest’ultima, secondo il professore universitario, «è ormai da tempo totalmente sotto controllo. Si sa che c’è un tetto ed esso viene rispettato, per cui lo Stato sa che sulla territoriale spende meno di quanto preventivato. Il problema è però che esistono farmaci nuovi sul mercato che seguono il concetto di innovazione legata al bisogno terapeutico. Si tratta principalmente di medicinali oncologici, o per malattie rare o autoimmuni, per i quali il canale non è il territorio ma l’ospedale. E la spesa ospedaliera, al contrario, è fuori controllo. È facilmente verificabile, infatti, il dato secondo il quale in tutte le Regioni si registra uno sforamento». Ranaudo osserva poi che «in farmacia ormai si esitano soltanto medicinali “vecchi”, perché tutto ciò che è nuovo rientra nella spesa ospedaliera, come stabilito nel 2008 e ribadito dal governo precedente a quello attuale nel 2017. È stata riconosciuta l’innovazione qualora nella popolazione esista un’esigenza legata ad una patologia. Il problema è che in questo modo non si riesce a tenere sotto controllo la spesa». Di qui la riflessione del docente: «Quello che andrebbe fatto è capire quanto le innovazioni siano realmente sostenibili. Sappiamo infatti che questi prodotti costano tantissimo. Ma mi domando: se un farmaco oncologico carissimo permette di allungare la vita dei pazienti, ipotizziamo, di dieci giorni, vale la pena di investirci così tanto? Si tratta di qualcosa di coerente nell’ottica di garantire sostenibilità al sistema nel suo complesso e, di conseguenza, la continuità del servizio universalistico? La realtà è che, purtroppo, essendo la spesa limitata, siamo costretti ad effettuare delle scelte anche in termini di governance. I dati non lasciano infatti pensare che in futuro i trend legati alla spesa possano invertire la rotta. Per cui siamo obbligati a riflettere in senso più globale».